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Sesso compulsivo: 9 milioni americani

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Sesso compulsivo: 9 milioni americani  Empty Sesso compulsivo: 9 milioni americani

Messaggio Da Mietitore Mar Nov 29, 2011 1:35 pm

La nuova sindrome americana ha il suo show (Bad sex, trasmesso da Logo Tv), un film, (Shame, in arrivo sugli schermi il prossimo 2 dicembre), un bestseller (Out of the Shadows: Understanding Sexual Addiction) testimonial famosi come Michael Douglas, Tiger Woods e Charlie Sheen e, da oggi, anche una diagnosi ufficiale:

“sex addiction epidemic”, epidemia di dipendenza da sesso.

“Un’intera cultura e un’intera nazione s’interrogano sui motivi di questo boom”, scrive Newsweek in un articolo di copertina dedicato alla nuova schiavitù che, a dar retta ai dati forniti dalla Society for the Advancement of Sexual Health, affligge oltre nove milioni di persone, quasi il 5% della popolazione Usa.


“Fino a qualche tempo fa il sesso-dipendente era un uomo sui 40-50 anni”, spiega Tami VerHelst, vicepresidente dell’International Institute for Trauma and Addiction Professionals, “mentre ora sono aumentati vertiginosamente anche i casi tra donne, adolescenti e anziani”. Un inarrestabile contagio che Newsweek attribuisce in parte alla rivoluzione digitale che avrebbe

“risvegliato il metabolismo carnale” di una nazione un tempo sessuofoba.

“Mentre in passato i frequentatori di cinema e librerie porno erano costretti a sfidare l’imbarazzo pubblico”, teorizza il settimanale Usa, “il web ha reso la pornografia accessibile, gratuita e anonima”. Negli Usa quaranta milioni di persone il giorno accedono a siti hard. Tra questi c’è Valerie, l’ex sex addict sulla copertina di Newsweek che racconta di aver “perso due mariti e il lavoro”, ritrovandosi “senza tetto e costretta a sopravvivere con i buoni pasto dello Stato” a causa della sua malattia.

“Avevo toccato il fondo, ero totalmente fuori controllo”, spiega la 30enne che per anni fece sesso selvaggio nei bagni dei fast-food, con subordinati, colleghi e perfetti sconosciuti, arrivando a farsi pagare “solo per il brivido che tale atto illecito mi procurava”. Dopo aver tentato il suicidio con un’overdose di medicinali, quando si è risvegliata Valerie ha capito che doveva farsi curare.

“Il sesso era una forma di auto-medicazione”, afferma, “per anestetizzare l’ansia, la disperazione e il terrore dell’intimità che mi perseguitava da quando, bambina, fui abbandonata”.

Dalle interviste della rivista diretta da Tina Brown emerge il ritratto di un’America che nell’era di internet è sempre più emotivamente frigida e socialmente isolata. Ad accrescere il paradosso di un paese dove l’ossessione erotica è proporzionale alla digitalizzazione dei rapporti, spopolano app per Smartphone come Grindr che usa la tecnologia GPS per facilitare incontri gay “senza il minimo impegno” in ben 192 paesi.

Per curare un disturbo comportamentale che gli addetti ai lavori paragonano all’alcol e alla droga oggi l’America impiega oltre 1500 “terapisti del sesso”, contro meno di cento di un decennio orsono. L’ostacolo maggiore che incontrano?

“La reticenza delle donne a cercare aiuto”, replica Anna Valenti-Anderson, sex therapist di Phoenix, in Arizona. “La risposta della società nei confronti di una donna sesso-dipendente è additarla come ‘pessima madre’. Se è un uomo ad avere questo tipo di problema allora è solo malato e ha bisogno di cure”.
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